Sono
passati più di ottant’anni da quando, con un colpo di piccone, il
regime fascista inaugurò la politica di distruzione del centro
storico di Taranto, mascherandola con le esigenze del “risanamento”.
La demolizione del pittaggio Turripenne, insieme al quale caddero a
centinaia, case, slarghi, postierle, vicoli e chiese, rappresentò
piuttosto l’esigenza di svuotare l’isola del suo contenuto umano
e sociale più formato e combattivo, dove più forti erano il
radicamento territoriale e la coscienza popolare. Politiche che anche
nell’era democratica purtroppo, non hanno mancato di sferrare i
loro colpi mortali all’isola, con la diaspora degli abitanti della
città vecchia costretti ad emigrare verso altri quartieri dormitorio
in seguito ai crolli, tra tutti quelli di Vico Reale nel 1975, e
l’abbandono coatto di pesca, tradizioni, socialità, memoria
storica. A tutto vantaggio della monocultura militare e industriale,
sotto il cui cappello si è sviluppata la peggior classe politico
amministrativa d’Italia, capace di arricchire i soliti noti e di
indebitare e ammalare questa città, e i suoi figli, per generazioni.
Questa
operazione giunge poi sino ai giorni nostri con interventi di
cosiddetto”restauro urbano” compiuti, dopo lo svuotamento della
città vecchia, unicamente sull’edilizia. Un’operazione
determinata da una precisa volontà politica, quella di rendere
inagibile ed obsoleta una struttura urbana, e con essa chi ci
risiede, negando per anni servizi sociali essenziali in un civile
stato di diritto.
Dai
Piani Urban alla cosiddetta Rigenerazione Urbana nulla infatti rimane
dei roboanti proclami di recupero ambientale e socio culturale del
centro storico, e nel mentre si continuano a sostenere scellerati
progetti di ampliamento ad est (da Sircom al San Cataldo passando per
Cimino - Auschan), la città vecchia continua a crollare pezzo dopo
pezzo, i suoi vicoli ad essere murati, il suo enorme patrimonio
storico artistico e culturale ad essere disperso o svenduto.
Dopo
le compravendite, le speculazioni e le partite di giro cosa rimane
per la gente dell’isola dei fondi, ingenti, della Rigenerazione
Urbana?
Aldilà
degli annunci puntualmente disattesi dai fatti, quale sarà, per
esempio, la destinazione d’uso dei Palazzi Troilo e Carducci?
Quali
gli interventi di riqualificazione dell’area di via Di Mezzo
retrostante la chiesa di S. Giuseppe?
Numerose
testimonianze, anche locali, dimostrano che pratiche come
l'autocostruzione e l'autorecupero di edifici, piazze, contesti
urbani abbandonati e degradati coinvolgendo la popolazione residente
possono innescare meccanismi in grado di rivitalizzare non solo gli
spazi fisici ma anche e soprattutto di elevare il livello della
qualità della vita, rispondendo tra l'altro a bisogni fondamentali e
facendolo in maniera sostenibile, con un utilizzo minore di risorse
economiche.
La
partecipazione degli abitanti dell’isola ai processi e alle scelte
resta invece una chimera vagheggiata per ottenere un visto in più
sui progetti per i prossimi fondi regionali e comunitari, e poco
convincono, i documenti programmatici, tavoli, manifesti d'intenti,
sponsorizzati da uomini di partito e diretti dagli “addetti ai
lavori”.
Né
servirà ad alcunché in città vecchia il monumento bronzeo
celebrativo al carabiniere, voluto da Sindaco e Giunta Comunale per
riportare il senso dello Stato e della legalità tra i vicoli,
interpretando i sentimenti di non si capisce quale popolazione. Soldi
pubblici sprecati, in questo particolare momento storico ed in un
quadro talmente emergenziale, per un’opera che appare tanto
incomprensibile quanto inutile.
E’
invece ora che la popolazione della città vecchia torni ad essere
protagonista del proprio destino scippato da Istituzioni e ceto
politico ed a riprendersi la propria dignità, cominciando dal
pretendere voce in capitolo nelle scelte. per questo il Comitato di
Quartiere di via Paisiello/P.zza Monteoliveto e la Casa Occupata di
via Garibaldi promuovono una
ASSEMBLEA
POPOLARE
MARTEDI'
29 APRILE 2014 ORE 17.30
VIA
DI MEZZO, C/O POSTIERLA VIA NUOVA CITTA'
VECCHIA
Dietro
la chiesa di San Giuseppe