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lunedì 2 febbraio 2009

Processo Taranto

Sono passati diversi anni dal luglio del 2001. Ci riferiamo naturalmente al G8 che si svolse nei giorni 19, 20, 21, a Genova. Di quei giorni probabilmente ricordiamo le immagini: 300.000 persone provenienti da ogni parte del mondo, tutti insieme per ricordare che il mondo appartiene alla totalità dei 6miliardi di persone che lo abitano e non a quei 8 “grandi” riuniti e serrati in quella che fu chiamata la zona rossa. Le istanze, mirate a ripristinare quegli elementari diritti che sanciscono la dignità della vita umana, tanto ampie quanto legittime da riuscire a raccogliere consenso nelle più disparate comunità.

Chiunque in quei giorni fosse a Genova, come prima a Napoli o in tantissime altre città d'Europa e del mondo, porta con se però, anche delle ferite profonde. E la certezza che in quei giorni non si volesse semplicemente “tutelare l'ordine pubblico” ma che si volesse lanciare un chiaro messaggio di forza. La risposta dello Stato Italiano alle richieste dei manifestanti fu una feroce repressione, consumatasi prima nelle strade, nelle scuole, negli ospedali e nelle caserme-lager, poi nei tribunali, decretando l'inizio di una durissima stagione di compressione dei diritti democratici, effettuata a larga scala.

Per ricondurre al clima che si stabilì in quei giorni basta citare due virgolettati su tutti. Quello della commissione europea sui diritti dell'uomo che recitava: "Durante i giorni del G8 di Genova è avvenuta un interruzione dei diritti democratici". Il secondo virgolettato appartiene all'allora vice questore di Genova Michelangelo Fournier che a sei anni di distanza dai fatti riferì al tribunale di Genova dell'operato dei suoi colleghi parlando di "Macelleria Messicana".

Alcuni di quelli che a Genova ci furono portano con se anche di peggio, ovvero il carico di dover affrontare come imputati i vari processi nati a seguito dell'evento.


Quelli di Genova e Cosenza sono stati i processi più seguiti dai media poiché i fatti contestati si riferivano ad eventi accaduti nei tre giorni del G8. Ma a seguito del meeting genovese sono sorti altri filoni d'inchiesta e sono stati aperti altri processi. Uno di questi verrà celebrato anche a Taranto, il 4 Febbraio nei confronti di 19 imputati accusati a vario titolo di 18 reati tra cui quello di associazione sovversiva locale finalizzata al sovvertimento dell'ordinamento politico economico e sociale dello stato.


L'inchiesta tarantina seguita dal PM Ida Perrone e dal GIP Ciro Fiore, prende in considerazione il periodo che va dal 24 07 2001 sino al 01 01 2002. Cerchiamo di raccontare brevemente l'impianto accusatorio del processo jonico dovendo doverosamente ricordare che gli atti di tale processo sono stati interamente trasferiti alla procura di Cosenza, che raccogliendo anche altre presunte prove ha di fatto aperto una seconda procedura a carico degli indagati. A Cosenza, dove si era giunti alle richieste di condanna per 13 persone, di cui 2 inserite anche nel provvedimento della procura di Taranto, il 24 aprile 2008 il Giudice ha però assolto tutti gli imputati con formula piena perché il fatto non sussiste. Essendo il processo cosentino un’indagine definita fotocopia, poiché i reati contestati erano i medesimi che venivano mossi i dalla procura di Taranto, ci si attendeva dopo l’assoluzione in Calabria l’archiviazione anche sull’altra sponda dello Jonio. Così non è stato, ed anzi nel frattempo l’accusa del processo cosentino è ricorsa in appello, riaprendo anche l’altro fronte di inchiesta in quel di Catanzaro.


L'impianto accusatorio dei PM tarantini basa sulla serie di reati succitata tenuti insieme dalla cornice del reato più grave ovvero l'associazione sovversiva. I reati di cui si parla sono tutti correlati ad iniziative politiche e sociali degli imputati, attività che gli stessi svolgevano alla luce del giorno, utilizzando sigle dichiarate e riconoscibili ed una sede aperta al pubblico. I PM però contestano l'inasprirsi degli atteggiamenti degli imputati in tali iniziative. Opponendosi agli ordini del questore e contravvenendo a quelli dei dirigenti di piazza, gli imputati mostravano un atteggiamento globalmente ostile verso lo stato e i suoi rappresentanti. La maggiorparte dell'inchiesta però fonda su intercettazioni telefoniche delle utenze private degli imputati e della sede che al tempo utilizzavano. Le intercettazioni riguardano l'intero periodo iniziale del 2001, ovvero i mesi in cui tutte le realtà italiane erano intente nella preparazione del Social Forum a Napoli in marzo ed il G8 a Genova in luglio. Telefonate in cui si parla di assemblee da organizzare, contatti con altre strutture per il coordinamento, iniziative da tenere. Insomma parrebbe rientrare nella sfera del normale per persone che si occupano di politica. Per la Procura di Taranto invece no! questo è stato indice di quanto potente fosse la struttura organizzativa messa in piedi ed in accoppiata con i contestati metodi violenti utilizzati dal gruppo, è quanto necessario affinchè vi sia associazione sovversiva. Scattano dunque arresti, perquisizioni, sequestro di materiali informatici, custodie cautelari.


Dunque c'è da chiedersi: qualcuno voleva sovvertire violentemente gli ordini economico-sociali dello Stato? Secondo i PM di Taranto gli indagati volevano tutto questo. Ma in realtà tutto questo è il prezzo che chiunque deve pagare quando rivendica il diritto a riappropriarsi del proprio futuro e a ribellarsi alle logiche del profitto.


Infatti tutte le attività politiche-sociali svolte dagli imputati nel corso degli anni erano volte in difesa dei diritti che dovrebbero essere fondamentali, ma che nel nostro paese divengono inarrivabili. Gli imputati hanno solo rivendicato il diritto alla casa, al lavoro, agli spazi sociali, alla libera espressione, ad un ambiente pulito per una sana salute. Diritti che in un paese democratico sarebbero garantite nel nostro assumono il carattere di mera etichetta. Gli imputati hanno anche per anni denunciato i cortocircuiti delle amministrazioni e le loro tangenze pericolose. Tutto ciò che veniva denunciato si è poi puntualmente verificato. Dal disastro ambientale perpetrato da grandi industrie e marina militare sino alla condanna di vari politici locali. Tutto era come quei "sovversivi" dicevano. l'immensa quantità di veleni nell'aria, malattie, morti bianche, bassa occupazione, collusione della politica con la mafia, malagestione del pubblico, fallimento del comune. E' realmente accaduto tutto: Primato europeo della diossina, tumori e leucemie con incidenze più alte che in qualsiasi altra città italiana, continuo stillicidio di operai in fabbrica, 25% di disoccupazione, un ex sindaco(Giancarlo Cito) condannato a 4 anni e 6 mesi per concorso esterno in associazione mafiosa(art.416ter, per ricordarlo al diretto interessato che sproloquia ai quattro venti dicendo di aver fatto quasi 4 anni di carcere per un reato inesistente nel C.P.) scontati quasi interamente in carcere, impiegati e dirigenti comunali dalle buste paga d'oro un buco da quasi 1 miliardo di euro ed un altro ex sindaco(Rossana Di Bello) al centro dell'ennesima vicenda giudiziaria. Era doverosa questa premessa per dar conto che tutte le attività erano mosse da fondati sospetti che qualcosa non andasse. Dunque in questo scenario i PM definiscono sovversiva l'azione degli imputati. Evidentemente se sovversione c'è stata nella nostra città, i veri protagonisti si trovavano altrove intenti a manomettere i diritti in nome dei profitti. Il quadro sociale risulta effettivamente alterato rispetto ad una prospettiva legalitaria se non addirittura sovvertito. Ma si accusa di sovversione chi tutto questo tentava di smascherare.

Torniamo al processo provando ad analizzare i reati contestati soffermandoci brevemente su di essi cercando di capire quale entità di violenza possa esserci stata. Scopriamo che l’unico reato che può far pensare effettivamente a condotte violente è quello di detenzione di bastoni ed oggetti contundenti. Ma scendendo nel merito delle carte processuali riscontriamo che questo reato è riferito al possesso da parte degli imputati di tale materiale durante manifestazioni in piazza. Ed in questo modo arriviamo a dedurre che i bastoni non erano altro che aste per bandiere e stendardi e che gli oggetti contundenti erano bombolette spray. Queste “armi” secondo i PM sarebbero servite a sovvertire gli ordini dello Stato. Ma va! Come se non bastasse questo reato è già stato prescritto. Dunque le potenti “armi” dell’organizzazione non potranno concorre a prova di reato anche perché quegli oggetti non furono mai neppure sequestrati ma solo citati. E poi tutti gli altri reati che ad esser letti in chiave giuridica lasciano intendere scenari apocalittici ma che ascritti al loro merito lasciano pochi fraintendimenti. Imputazioni per violenza privata, sequestro di persona, e rapina; non sono altro che manifestazioni di protesta verso la presenza di esponenti neo fascisti di Forza Nuova. Ma l’apologia fascista non è un reato contemplato dalla Costituzione? Si chiederà qualcuno. La risposta è si! Ma in Italia qualcuno lo ha dimenticato. Tanto che, chi inneggia al 20ennio più buio della nostra storia non subisce alcuna sanzione, contrariamente chi vorrebbe che la Costituzione fosse rispettata osteggiando i nuovi fascismi diviene imputato nei Tribunali. Misteri Italiani! La rimozione di una celtica diventa rapina, la manifestazione di dissenso davanti ad una sede ForzaNuovista diventa sequestro di persona, naturalmente le rimostranze antifasciste divengono minacce. Le stesse organizzazioni che oggi sono puntualmente strumento di diffusione della paura contro il diverso, che cementifica l'ulteriore compressione di diritti umani attuata mediante una palese 'deriva securitaria'.


E poi una serie di reati per inosservanza degli ordini delle autorità, oltraggio a corpo politico, violenza, resistenza o minaccia a Pubblico Ufficiale. A rafforzare il sistema di accusa che attribuisce tutti questi reati, esiste un solo referto medico. Un referto di 7 giorni per contusioni inferte ad un ispettore di Polizia. Seppure fosse vero un pò poco per poter parlare di sovversione. I reati di oltraggio sono stati oltretutto depenalizzati, come non esiste più quello di propaganda ed apologia sovversiva. Rispetto alla resistenza a Pubblico Ufficiale diciamo solo che dato l’atteggiamento che le forze di sicurezza assumono in piazza, diviene difficile “non resistere”.

Il resto dei reati contestati sono una serie di sciocchezze gratuite. Uno va a pisciare e siccome li c’è una telecamera nascosta che riprende, quello che è un atto umano diventa produzione e diffusione di spettacoli osceni. Mah?!? Una scritta dai contenuti sociali vergata sui muri diviene deturpamento ed imbrattamento. Un murales, tanto migliore delle oscene opere e del degradante grigiore che le amministrazioni ci propinano, diventa danneggiamento della cosa pubblica. Il recupero di posti abbandonati dalle istituzioni stesse e da privati diventa occupazione di edifici e terreni.

Chi accumula capitali ed immobili tanto da abbandonarne qualcuno, con pericolo per tutti, è tutelato dalla legge, chi rivendica spazi sociali perché proprietario di nulla è un criminale.

Potremmo continuare per pagine intere, citando esempi analoghi ma la conclusione purtroppo sarebbe la medesima. Il restringersi perpetuo del sistema democratico passa per la repressione del dissenso. Vietato sapere, parlare, impegnarsi alla costruzione di quel mondo migliore, oggi tanto più necessario quanto indispensabile. A tutti gli effetti possiamo considerare, quella italiana, quantomeno una democrazia autoritaria. I limiti dettati come democratici si restringono costantemente ed è sempre più ampia la porzione di società automaticamente tagliata fuori.

Alla luce di tutto questo pensiamo che non sia possibile affrontare la questione nei termini di una generica richiesta di solidarietà, ma che la gravissima limitazione degli spazi di agibilità democratica, personali e collettivi, che è in atto in questo paese vada combattuta interagendo con tutti i livelli con con i quali essa si concretizza sul territorio. E che sia indispensabile ribadire con forza la legittimità e le profonde motivazioni politiche, sociali e culturali dei percorsi attuali, in uno scenario dove, sia localmente sia al livello più generale, la distruzione dei territori e il saccheggio delle sue risorse, dimostra tenacemente che si vuole proseguire sulla strada intrapresa.




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