CHI VIVE NELLA LOTTA MUORE LIBERO
con tutto il fervore rivoluzionario
le compagne ed i compagni
hasta siempre Salvatore, Zio Antonio e Claudio

SENZA RAPPRESENTANZA NÉ ISTITUZIONE
NEL TUO RICORDO PER LA RIVOLUZIONE

sabato 13 giugno 2009

SUBURBANA 2009

Come ogni estate dal 2005, il Comitato di Quartiere Città Vecchia Taranto organizza il “Festival per l'Autorganizzazione Sociale di Suburbana”. Un appuntamento annuale per la città di Taranto, che ha rilievo soprattutto alla luce della carenza di iniziative in questo territorio.

Quest’edizione sarà arricchita rispetto alle precedenti. Cinque giorni di espressione artistica e di riflessione sull'impegno sociale, in cui sarà possibile ascoltare della buona musica dal vivo, partecipare a seminari e corsi e discutere attorno ad alcune tematiche politiche.

Per raggiungere questo obiettivo organizziamo un campeggio dove, in momenti collettivi, potremmo tutti affrontare alcune tematiche legate alla città di Taranto, e non solo. Assemblee che trattino temi a noi cari ma che non sono stati, a nostro giudizio, abbastanza dibattuti e discussi. Vorremmo analizzare la fase odierna, partendo da quello che fu il movimento di Genova, per arrivare alle questioni ambientali e del lavoro. Un campeggio che ci permetta di rimettere al centro dell'iniziativa sui territori soluzioni, percorsi e iniziative politiche di lungo respiro.

Partiamo dal presupposto che dal Luglio 2001 a oggi non c'è stato sufficiente confronto sulle dinamiche in atto. Lo scontro enorme che si stava manifestando allora e che continua tutt’oggi ha fatto perdere di vista qualsiasi obiettivo, ha scandito tempi e ritmi lentissimi e lontani... ha negato, insomma, la politica, non ne ha fatto uno strumento di ricomposizione.

La grossa sfida che dopo di allora il movimento lanciò contro la barbarie del conflitto armato e permanente, contro la frammentazione e la totale precarizzazione del lavoro e della vita, contro l'impoverimento delle risorse che fanno sopravvivere il pianeta non trovò forme organizzative adeguate a mettere in rete il grande potenziale, con il risultato che l’ondata di destra ha potuto dilagare, trovando come contrapposizione culturale nuova solo la fragile area dell'"antipolitica". Non ci riferiamo, alludendo al dilagare della destra, semplicemente a formazioni neofasciste, ma soprattutto alla complicità consociativa che il padronato italiano ha trovato nei due maggiori partiti parlamentari, quello di maggioranza e quello d'opposizione, per il perseguimento dei propri progetti di "profitto straccione", ricavato da impianti nocivi e pericolosi e da una legislazione sull'infortunistica mortale che tende a scaricare le responsabilità sui livelli più bassi delle gerarchie aziendali.


Tornando a Genova, invece di occuparci di un reale radicamento sui territori e di un modo di intervenire collettivamente nei processi globali, la continua rincorsa delle scadenze ha per la nostra area funzionato da oppiaceo e ha reso impossibile la costruzione di quell'altro mondo che si era proclamato, orgogliosamente e razionalmente, necessario.

Se, per assurdo, gli otto riuniti nel palazzo di Genova avessero detto: “Va bene, noi andiamo via. Decidete voi” , come ci saremmo comportati? Avevamo gli strumenti teorici e pratici per ragionare insieme dei nostri destini? Avevamo interiorizzato quei principi di metodo che avrebbero permesso l’abbattimento della delega tra noi?.

Abbiamo poi assistito, da parte dell’apparato dello stato, a varie operazioni contro qualsiasi soggetto politico-sociale avesse iniziativa. Quello che cominciò nei giorni di Genova si è poi riprodotto contro tutti e tutte coloro che hanno tentato di difendere i propri diritti. La soluzione, per i nostri governanti, è stata quella di cercare di seppellire sotto una montagna di provvedimenti repressivi ogni espressione autorganizzata del conflitto sociale o di puro dissenso alla guerra infinita e alle politiche neoliberiste

Troppo spesso in questi anni ci siamo arroccati su posizioni ideologiche e autoreferenziali, metodi che già avevano diminuito moltissimo il loro funzionamento, allontanandoci sempre di più dalla gente. Quella stessa gente troppe volte resa passiva dalle autoreferenzialità istituzionali e ormai delusa dalle gerarchie, formali e informali.
Nella gente
è cresciuta l’indifferenza, alimentata dal non trovare il modo di uscire dalla continua pressione che grava sul Paese e che ha gravemente lacerato il suo tessuto sociale negli ultimi 10 anni con un’accelerazione mostruosa.

È proprio in questo frangente che s’inserisce il problema ambientale.

Sentito "a pelle” da una gran parte della popolazione, si realizza in lotte e pratiche di autonomia, autogestione e solidarietà. Lotte che resistono con determinazione a politiche che aggrediscono i territori devastando il tessuto sociale e l'ambiente. Processi anche molto diversi tra loro per esperienza, composizione sociale, radicamento, forme di lotta ecc. che sono accomunati dal rifiuto di grandi opere, impianti inquinanti o nocivi (inceneritori, rigassificatori…), tutte cose che investono il territorio, travolgendone modi di vita e condizioni di esistenza.

Manca però un confronto serio e oggettivo sui rispettivi percorsi, sulle difficoltà incontrate e le invenzioni necessarie per non arretrare; sulle forme di discussione e il modo per prendere le decisioni col massimo di partecipazione e condivisione; sul rapporto contraddittorio con i media e con le istituzioni. Ci siamo domandati come sarebbe possibile, in questo momento storico, cercare un confronto con le diverse anime che hanno composto le varie assemblee, per rilanciare in modo costruttivo e propositivo quel percorso che iniziò prima di Genova e che vide un vero protagonismo dal basso. In considerazione anche dell'urgenza posta dal gravissimo processo in atto: la riduzione progressiva dei diritti e degli spazi democratici, attuata dopo ogni tornata elettorale indipendentemente dal polo vincitore, e il conseguente assestamento dei subalterni in una dinamica di guerra tra poveri in cui la discriminazione degli immigrati con forme razziste e la penalizzazione dei meridionali con federalismo fiscale e gabbie salariali sono solo le tendenze più evidenti. In risposta, visto che le precedenti forme di militanza non sono state efficaci per il perseguimento dell'obiettivo della fuoriuscita dalla follia del capitalismo, siamo dell'idea di passarle attentamente al vaglio per salvare quello che è utile e costruire insieme metodi e cultura che ci pongano all'altezza della situazione.


Alleghiamo a questo documento il programma politico del campeggio per permettere a tutte le persone interessate di portare nei seminari il contributo delle proprie idee e della propria esperienza; non per creare intergruppi, coordinamenti o assemblaggi di organizzazioni ma per permettere una partecipazione più orizzontale e proficua, per chiarire sempre meglio le difficoltà del terreno di intervento e per organizzare ambiti di lavoro come persone di pari dignità che uniscono i loro sforzi per obiettivi importanti.

Il nostro appello vuol pertanto anche consentire a tutti coloro – singoli o realtà collettive – che vogliano andare oltre la creazione dell'analisi, di entrare nella discussione delle iniziative e nella loro realizzazione.

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